Una rimessa in discussione radicale: l’inefficacia dello tsuki del Karate

Dopo lunghi anni di pratica intensa, S. Egami rimette in discussione le tecniche fondamentali del Karate.
Egli avanza due critiche radicali, che esamineremo successivamente:
– lo tsuki del Karate non è efficace
– il makiwara è più dannoso che utile.
Nei suoi testi sulla ricerca dell’efficacia, S. Egami si interroga principalmente sull’efficacia dello tsuki.
Shozan Kubota, più giovane di lui di qualche anno nello Shotokan, mi ha detto: «Lo tsuki del M° Egami era magnifico. La maggior parte degli allievi prendeva la sua tecnica come modello».
Questa testimonianza dimostra che la tecnica di tsuki di S. Egami era esemplare; tuttavia egli aveva dei dubbi sulla sua tecnica, e ricercava uno tsuki veramente efficace. Era conosciuto per il suo tsuki, come per le sue tecniche di calcio, i keri.
Ecco una testimonianza di Yukio Togawa, suo contemporaneo:
Ho visto per la prima volta il M° Egami una sera all’allenamento nel dojo. C’erano due adepti che si allenavano in un angolo. Uno attaccava liberamente, concatenando violentemente gli tsuki, l’altro parava con i piedi tutti gli attacchi rinviando i pugni del suo avversario. Manteneva le proprie mani sulle anche e utilizzava con una mobilità sorprendente i piedi come fossero mani. Di tanto in tanto schiaffeggiava con il piede la faccia dell’altro. Sorpreso, ho chiesto a chi mi stava vicino: “Chi è?”. Ho saputo che era lui, Egami. Credo che, tra gli allievi del Maestro Funakoshi, lui fosse il miglior tecnico nei calci…»
Torniamo al testo di S. Egami: «A lungo mi sono posto il problema, di sapere se lo tsuki del karate fosse veramente efficace, e ne sono stato tormentato. Ho fatto tutti i tipi di prove di rottura: tavole, tegole, mattoni. Tuttavia, anche se potevo rompere dei mattoni, non ero certo dell’efficacia del mio tsuki contro il corpo umano. Secondo la mia esperienza, il corpo umano è più resistente di quanto si creda, e lo spirito gli dà una consistenza del tutto differente da quella delle tegole o dei mattoni.
«Sono stato colto da un dubbio sull’efficacia del mio tsuki e, quando ho pensato: “Il mio tsuki forse non è efficace”, sono stato preso da una grande angoscia. Ho posto la domanda a varie persone e ad amici karateka. Gli uni dicevano che è certamente efficace, e gli altri, che questo non è certo. In ogni caso nessuno diceva che lo tsuki del karate fosse assolutamente efficace. Tuttavia la maggior parte delle persone dicevano che esiste uno tsuki che uccide in un solo colpo, cosa che, di fatto, è la ripresa di un luogo comune tradizionale del Karate. Mi sembrava che ripetessero semplicemente quello che avevano sentito, o che credessero ciecamente, o tentassero di credere, nell’efficacia del Karate, soffocando i dubbi e le angosce che erano in fondo al loro pensiero. È evidentemente difficile provare l’efficacia contro il corpo umano. Vi sono tuttavia persone che hanno provato contro qualcuno, ma, nella maggior parte dei casi, il risultato non è stato molto efficace. Quando non era efficace, nascondevano in generale il loro fallimento. Perché un pugno sia efficace, bisogna impegnare la forza con una cadenza giusta. In una situazione di combattimento (kumite) molto seria succede qualche volta che un attacco di tsuki sia molto efficace, ma, anche allora, è molto lontano dallo “tsuki che uccide in un colpo solo”.
Quando lo tsuki è efficace in questo tipo di situazione, è diverso da quello che pratichiamo nella tecnica di base (kihon) e nel kata. In realtà un Karateka effettua il proprio tsuki diversamente, secondo che si tratti di esercizi di kihon, di kata o di kumite.
Penso che, nella maggior parte dei casi, quando uno tsuki è efficace, l’efficacia dipende dal caso.
Lo affermo a partire dalle mie esperienze, poiché ho esaminato l’efficacia degli tsuki, ricevendone io stesso sul mio ventre, precisamente sul plesso solare, diverse decine di migliaia fino a oggi».
Possiamo domandarci in che misura questa esperienza di ricevere colpi non abbia avuto un’influenza negativa sullo stato di salute di S. Egami, che si è aggravato a partire dalla quarantina. Sulle foto di quest’epoca egli è esile e molto muscoloso. I suoi muscoli addominali gli hanno permesso di resistere ai colpi, ma non ha per caso accumulato in profondità traumatismi progressivi ai diversi organi? Tanto più che S. Egami aveva dei problemi digestivi fin dall’infanzia. Penso che questo interrogativo sia da prendere in considerazione, poiché questo problema non è stato ancora sufficientemente affrontato in modo scientifico. Anche se una persona giovane può resistere ai colpi in maniera apparentemente facile, non è probabile che essa accumuli ogni volta un leggero traumatismo che si manifesterà soltanto anni dopo, quando essa avrà superato una certa soglia d’età? Per coloro che cercano una pratica a lungo termine, è indispensabile che situino i loro allenamenti in una prospettiva sufficientemente lunga. Possiamo ricavare delle lezioni di prudenza dall’esperienza di S. Egami. S. Egami continua: «Ho voluto sapere se il mio tsuki fosse veramente efficace o no, e come bisognava fare per ottenere uno tsuki efficace. Ma non potevo provare su qualcuno. Non avevo che una soluzione: invitare persone di ogni genere a colpirmi con tutta la loro forza sul ventre per studiare la qualità dei colpi. Ho ricevuto colpi di karateka, di pugile, di kendoka, di judoka, ecc… Il risultato di questa ricerca è stato desolante, poiché ho dovuto constatare che lo tsuki del Karate era il meno efficace. Ho dovuto riconoscere una cosa sconvolgente: più di una persona aveva praticato a lungo il Karate, più l’aveva praticato con serietà, meno il suo tsuki era efficace. Il colpo più penetrante era quello dei pugili. La cosa che più mia sorpreso, è che il colpo di una persona che non aveva mai praticato era spaventosamente penetrante. «Sono rimasto profondamente sconvolto da questo risultato. Perché un risultato del genere? Che cosa voleva dire? Quali sono le differenze? Che cos’è la vera efficacia? Da dove proviene una vera efficacia?
Dovevo ripartire di nuovo alla ricerca dell’efficacia dello tsuki. Per dominare la preoccupazione di essere inefficace, ho ricercato diversi modi di tirare uno tsuki, e ho finito per concludere che la tecnica nel Karate deve implicare una concentrazione. Innanzitutto, ho cominciato col concentrare la forza fisicamente in un solo punto di impatto.
Nel corso dell’esecuzione di attacchi e parate, ho cominciato a concentrare la forza sul punto sul quale tocco il corpo dell’avversario. Nel corso di questa ricerca, ho capito che il problema della concentrazione non deve limitarsi alle leggi fisiche, e che la cosa più importante è la concentrazione mentale. Mentre mi ponevo questi interrogativi, ho capito una cosa. Fino ad allora avevo praticato il Karate con un’illusione fondamentale: confondevo la durezza con la forza e perseveravo nell’indurire il corpo pensando di ottenere più forza, quando invece indurire il corpo equivale a bloccare il movimento. Questo è un errore fondamentale. Ho dovuto allora cominciare con il massaggiare e sciogliere il mio corpo, che avevo indurito nel corso di tanti anni di sforzi. Mi sono deciso a ripartire da zero, rigettando completamente quello che credevo di avere acquisito fino ad allora. Mi sono fissato come obiettivo di arrivare a forme e movimenti ingenui e spontanei, come se fossi ridiventato principiante. Quando ho provato con questo atteggiamento, ho scoperto che ottenevo una maggiore efficacia. Ho compreso in quel momento l’insegnamento del maestro Funakoshi: “Non bisogna mai andare contro la natura”.
«Mi sono ricordato allora dei differenti tsuki dei maestri. Il Maestro Funakoshi eseguiva uno tsuki in modo molto naturale e decontratto. Il Maestro Shimoda tirava uno tsuki con leggerezza, ma non l’ ho mai potuto parare, poiché il suo braccio non si spostava di un centimetro. Il terribile furi-tsuki (tsuki frustato) del Maestro Yoshitaka Funakoshi…
«Se l’attacco dell’avversario non ha vera efficacia, non avete bisogno di pararlo seriamente. Non avete neanche bisogno di tecnica.
A uno tsuki veramente efficace dovete far fronte con una tecnica di parata seria o di schivata, e lì comincia il vero allenamento.
E’ così che ho potuto cominciare un vero allenamento. «Lo tsuki deve essere assolutamente efficace. Per questo si deve pensare di far penetrare la sua forza fino all’infinito. Tutta la forza deve attraversare il corpo, senza essere, anche parzialmente, riflessa al momento del contatto. Un vero colpo mortale è una concentrazione di forza su un punto. In altri termini: versate la totalità del vostro essere nel corpo dell’avversario.
L’efficacia, quindi, cambierà mediante lo stato di spirito. Non si tratta di colpire come un ladro, che è la cosa più spregevole: bisogna acquisire uno tsuki naturale».

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