Shigeru Egami è nato nel 1912 a Kyushu, in una famiglia di commercianti. Dopo il suo arrivo a Tokyo, comincia con passione la pratica del karate. In precedenza era stato iniziato al judo, verso l’età di 13 anni. Dopo aver passato, con qualche difficoltà, il concorso per entrare all’università di Waseda di Tokyo, comincia gli studi di commercio; ma è il Karate che invece scopre. È, in questa università, il primo allievo di G. Funakoshi, al quale resterà fedele per tutta la vita. Il suo allievo, Haruo Kudo, direttore del club di karate dell’università Gakushuin, riassume così l’itinerario del maestro:
«Per tutta la vita, il Maestro Egami è stato il primo discepolo del M° Gichin Funakoshi. Il maestro Egami diceva: “Il Karate del M° Funakoshi, nella sua giovinezza, ha dovuto essere morbido e senza eccesso di forza. Bisogna che nostro Karate divenga simile, ispirandosi a questo modello”. Perciò ritengo che il Karate del M° Egami sia dello stile Funakoshi-Egami, che ispira la scuola di Shotokan superiore.
«Negli anni trenta M° Egami sognava di costruire il Karate con il maestro Yoshitaka Funakoshi, partendo dall’insegnamento del M° Gichin Funakoshi. Ma il M° Yoshitaka è morto giovane, per questo M° Egami ha dovuto continuare da solo, con il cuore pieno di lacrime, il lavoro di costruzione della scuola Shotokan superiore…
«Verso il 1955, quando il M° Egami aveva poco più di quarant’anni, ha cominciato, nel suo insegnamento al dojo della nostra università, la ricerca di un Karate morbido, senza eccesso di forza. Ha respinto coraggiosamente le concezioni e le tecniche di karate che avevano acquisito fino ad allora. Trasformava tutte le tecniche fondamentali, per questo gli allievi avanzati hanno avuto un complesso di inferiorità rispetto ai principianti, che potevano imparare direttamente le tecniche nuove. Ma penso che sia il maestro Egami, che ha dovuto sentire il più grande complesso di inferiorità.
«Durante gli stages, ho avuto l’occasione di parlare con M° Egami, con il quale passavamo una decina di ore ogni giorno. Il maestro valutava le tecniche e le personalità con grande freschezza di spirito. Aveva cominciato a studiare i cicli energetici della luna del sole. Poneva, anche a me, domande sulla telepatia e il toatè (colpo a distanza)… Diceva che per uno tsuki bisogna mirare due metri alla di là del bersaglio, che poteva sapere come si allenavano i suoi allievi senza guardarli, che sarebbe possibile far cadere una persona senza toccarla, ecc… »
In effetti, nell’ultima parte della sua vita, Shigeru Egami si orienta verso la ricerca energetica e la comunicazione interpersonale, e orienta il proprio Karate verso il misticismo. Possiamo pensare che lo stato della sua salute abbia avuto un’influenza importante su quest’evoluzione e sulla sua ricerca dell’efficacia. Infatti, ha avuto fin dall’infanzia problemi digestivi e all’età di 24 anni è stato colpito da tubercolosi in seguito a una polmonite. Tuttavia, prima e dopo delle sue malattie, S. Egami era rinomato per avere un corpo particolarmente solido. Era fiero dei suoi muscoli «d’acciaio» dicevano i suoi discepoli. Ma, a partire dalla quarantina, soffre periodicamente di mal di stomaco, di polmoni e di cuore, che si aggravavano di anno in anno. Penso che queste esperienze abbiano orientato al sua ricerca del Karate, creando in lui un’attitudine introspettiva. Nella sua ricerca, S. Egami è stato fortemente influenzato da due altri maestri. Due massime si riflettono direttamente nel suo insegnamento, quella di Morihei Ueshiba, fondatore dell’aikido : «Il fondamento dell’aikido, è l’amore», e quella di Shoyo Inoue, fondatore della shinwa-taido: «Bisogna captare l’energia unificante dell’universo». H. Kudo continua: «Dopo il 1956, il maestro Egami ha dovuto subire a due riprese degli interventi chirurgici e il suo stato di salute si è aggravato. Non poteva più mostrarci le tecniche in kimono d’allenamento. “Sarò capace di essere un maestro di arti marziali senza potermi muovere?” Questa domanda, che nessuno saprebbe affrontare, è diventata per lui in tema della sua vita dopo la quarantina. Per di più sentiva un complesso di inferiorità, poiché aveva dovuto rimettere in causa tutte le sue acquisizioni tecniche e doveva anche a affrontare delle difficoltà economiche.
«Era un karateka, ma, inchiodato sul suo letto di malato, non poteva allenarsi. Meditando il proprio Karate in questa situazione, è diventato capace di sentire la presenza di qualcuno con gli occhi chiusi, cosa che gli ha dato una speranza e una nuova base su cui costruire proprio Karate. Shigeru Egami scrive: «Tre anni sono trascorsi da quando sono morto una volta. Si è trattato di una decina di minuti tutt’al più. Sono venuto a sapere più tardi che ero stato vittima di una crisi cardiaca. Durante questi minuti ho fatto un’esperienza preziosa. Di fronte alla morte, il dolore ultimo, l’agonia e la tristezza, la solitudine, in quest’istante superavano qualsiasi descrizione. Nella vita quotidiana, dicevo che bisogna vivere in permanenza con lo stato di spirito dei momenti difficili, e insegnavo questo stato di spirito nel Karate. Ma questa esperienza ha fatto crollare tutte le mie pretese. Quando sono ritornato alla vita, che gioia è stata! Tutto quello che vedevo brillava di luce, e ho avuto la gioia di poter sentire una vera vita. Sono stato riempito di tanta gioia e di piacere che parlavo spontaneamente a tutti» . Penso che le esperienze di S. Egami di vivere molto vicino alla morte e anche, come scrive lui stesso, «di essere morto una volta», abbiano acuito a un grado considerevole le sue percezioni energetiche. E’ probabile che queste esperienze abbiano scatenato in lui una capacità eccezionale. Su questo punto la testimonianza di Masaru Mizushima, membro del Consiglio di amministrazione dell’Associazione Shotokai, è interessante: «Ho cominciato il karate per diventare forte, ma il mio obiettivo è progressivamente cambiato… Nel dojo c’era una signora che era più avanzata di me di due Kyu. Quando facevamo degli esercizi di combattimento, io non potevo mai toccarla e lei mi proiettava; ne sono stato estremamente umiliato, cosa che mi ha dato uno slancio per allenarmi. Ma durante l’allenamento, poiché ero sempre dominato dai miei condiscepoli, ho voluto vincere questa situazione. E’ allora che uno dei mie superiori mi ha portato dal M° Egami per la prima volta, e, commosso, non ho potuto pronunciare una parola. In seguito ho cominciato a recarmi qualche volta dal Maestro e, ascoltandolo, ho cominciato a comprendere una nuova dimensione del karate.
«Nel corso dell’allenamento, quando ho toccato per la prima volta la mano del Maestro, ho sudato enormemente senza apparente ragione. Al primo esercizio di combattimento con il Maestro, senza che lui mi toccasse, sono stato proiettato e ho perduto conoscenza, fatto incomprensibile. Il Maestro mi ha allenato nella stessa maniera a tre riprese. E da tre anni circa, quando mi alleno, mi succede di provocare questo stesso strano fenomeno. E’ così che ho constatato la profondità del karate-do».
Il M° Mizushima non è il solo a essere stato proiettato da S. Egami senza che lui lo toccasse. Un gran numero di adepti dello Shotokai testimoniano di esperienze simili. Possiamo porci una domanda. Si tratta di un karate che si avvicina alla sua forma ideale? Si tratta realmente di un fenomeno d’arte marziale? La dinamica psichica esistente tra il maestro e l’allievo, ne spiega la maggior parte? Si tratta realmente di un fenomeno energetico che può essere esplorato da un metodo di karate che avrebbe scoperto Egami? Lasciamo aperta la questione.
Torniamo al testo di H. Kudo: «Nel 1963, all’età di 50 anni, il Maestro Egami ha finito per scoprire che le onde magnetiche penetrano nel corpo umano a partire dal lato destro. Da quel giorno, nello spazio di due o tre anni , è riuscito a fondare il karate a distanza, il karate con il toate (dare un colpo senza toccare il corpo dell’avversario)…
«Così ha avuto un nuovo inizio, a 50 anni, perché è riuscito a fare una fusione del corpo e dello spirito fondendo la sua fiacchezza, la sua debolezza e la sua agilità con le scoperte del ki, del toate e delle onde magnetiche del corpo umano. Ma le difficoltà lo hanno sempre accompagnato, e ha dovuto essere ricoverato nel 1967, a seguito di una crisi cardiaca… »
Il 10 ottobre 1980, durante uno stage per Insegnanti, lo stato di S. Egami si aggrava. Viene trasportato all’ospedale, dove due giorni dopo ha un’emorragia celebrale.
Non riprende coscienza e muore di polmonite l’8 gennaio 1981, all’età di 68 anni.
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