Dojo Kun – Le regole del luogo ove si ricerca la Via

DOJO KUN nel Karate

DOJOKUN

DO = via, strada da percorrere

JO = luogo

KUN = regola, dovere

Dopo l’allenamento di Karate è tradizione nei dojo (non tutti quelli occidentali, purtroppo), la recitazione del KUN o codice etico, dopo una breve meditazione (mokuso).  Di cosa si tratta?

Il “Dojo Kun”, letteralmente “regole del luogo dove si segue la Via”, si può considerare come l’essenza stessa del karate-do, la sua definizione. Questo codice ci indica l’obiettivo nel lavoro di ricerca ed allenamento che stiamo compiendo. Un obiettivo che, a dire il vero, non conosciamo, non vediamo, ma verso il quale tendiamo e che deve indurci solo a riporre la nostra attenzione alla strada che si sta percorrendo, perché il significato della vita, alla fine, è tutto qui: cercare di percorrere una giusta strada e percorrerla bene. E’ il fondamento che nel buddhismo viene chiamato “la giusta azione”. Questa è la moralità necessaria per dare senso ed equilibrio all’allenamento fisico. Se si ignora questo concetto si travisa l’intera pratica del karate. Non solo le tecniche andranno affinate, ma lo spirito individuale per primo dovrà essere indirizzato ed educato. Seguendo “i dettami racchiusi in questi precetti, l’allievo potrà veramente progredire nella via delle arti marziali ”.

Queste le cinque regole “d’oro”:

1. Hitotsu. Jinkaku Kansei ni Tsutomuru Koto = prima di tutto cerca di migliorare il carattere
2. Hitotsu. Makoto no Michi o Mamoru Koto = prima di tutto cerca di percorrere la via della sincerità
3. Hitotsu. Doryoku no Seishin o Yashinau Koto = prima di tutto cerca di rafforzare la costanza dello spirito
4. Hitotsu. Reigi o Omonzuru Koto = prima di tutto cerca di imparare il rispetto universale
5. Hitotsu. Kekki no Yu o Imashimuru Koto = prima di tutto cerca di acquistare l’autocontrollo

E questo il senso di esse:

  • Il Karate è mezzo per migliorare il proprio carattere, insegnava il grande Maestro Funakoshi. Sempre meglio fare di tutto per cercare soluzioni pacifiche ai problemi.
  • La “via della sincerità” si inizia a percorrere quando si acquisisce la capacità di guardarsi dentro, accettando (per superarli) i nostri limiti, e ammettendo le proprie colpe.
  • La mancanza di perseveranza porterà ad un punto morto. Come un’affilatissima katana (spada) giapponese nasce da un pezzo d’acciaio che viene arroventato, gelato, martellato, ripiegato, e così di seguito centinaia di volte fino a diventare quel che è, così deve fare l’allievo su se stesso.
  • Precetto tipico della mentalità e della cultura giapponese, è anche uno dei più difficili da comprendere per un occidentale. Significa: rispetta gli altri, ma fatti anche rispettare. Buon comportamento, pace e non-violenza portano di conseguenza ad altrettante conseguenze.
  • Pare un paradosso, ma proprio questo è il senso morale di un’arte marziale. La forza si può usare solo per un giusto fine, moralmente corretto, come nel caso della difesa personale o la protezione di un innocente.

La procedura prevede che l’allievo di grado più alto reciti a voce ogni precetto che verrà a sua volta ripetuto dall’intera classe. “I precetti sono sempre pronunciati con forza e mai sussurrati con poca sincerità o credo. Così come i movimenti diventano automatici ed i riflessi condizionati, le semplici verità di queste citazioni penetrano la mente dei partecipanti” .

Si dice che il Dojo Kun sia stato introdotto nella tradizione del Karate per garantire la condotta corretta dei suoi praticanti e che fosse considerato una sorta di comandamento da rispettare anche al di fuori dell’ambiente proprio del Karate. Nota: La formulazione in lingua giapponese viene scritta in caratteri romani con le frasi sotto riportate, la cui pronuncia naturalmente è influenzata dal fatto che i caratteri giapponesi KANJI (ideogrammi) non sono culturalmente traducibili in termini grammaticali convenzionali e quindi l’esposizione è da considerarsi esclusivamente fonetica. Inoltre, poiché il KANJI esprime un concetto e non una parola, ogni frase può assumere sfumature diverse nell’interpretazione, pur mantenendone inalterato il significato DOJO KUN (DO = via, strada da percorrere – JO = luogo – KUN = regola, dovere).
Dojo Kun ITOTSU – si ripete prima di ognuna delle cinque regole

Schtoz – ATTENZIONE!
1) JINKAKU KANSEI NI TSUTOMURU KOTO (gincacu canseini sutomurokoto)

DOBBIAMO IMPEGNARCI A RAGGIUNGERE LA PERFEZIONE DEL CARATTERE

2) MAKOTO NO MICHI O MAMURU KOTO (macoto no mici o mamurokoto)

DOBBIAMO PERSEGUIRE LA STRADA DELLA SINCERITA’

3) DORYOKU NO SEISHIN O YASHINAU KOTO (dorioku no seiscin o iascinaokoto)

DOBBIAMO ALLEVARE IL NOSTRO SPIRITO ALLO SFORZO

4) REIGI O OMONZURU KOTO (reighi omonzurokoto)

DOBBIAMO ESALTARE IL RISPETTO E LA SINCERITA’

5) KEKKI NO YU O IMASHIMERU KOTO (checchi no iuo imashimerukoto)

DOBBIAMO CONTROLLARE CON CORAGGIO LO SPIRITO ISTINTIVO

Analizziamo ora le frasi dal punto di vista della traduzione:
ITOTSU “per primo”, “innanzitutto”,

sottolinea l’importanza del seguito JINKAKU il carattere dell’uomo
JIN KANSEI perfezione, miglioramento
NI è una congiunzione
TSUTOMURU impegnarsi, tendere a..
KOTO è un rafforzativo imperativo del verbo
MAKOTO sincerità
NO è una congiunzione
MICHI stesso ideogramma di “DO” significa la via da percorrere
O aggettivo accrescitivo
MAMURU seguire
KOTO è un rafforzativo imperativo del verbo
DORYOKU fatica, sforzo
NO è una congiunzione
SEISHIN anima, spirito, mente
O aggettivo accrescitivo
YASHINAU allevare, innalzare
KOTO è un rafforzativo imperativo del verbo

REIGI etichetta, rispetto, buone maniere (da REI=rispetto e GI=abito)

O aggettivo accrescitivo
OMONZURU onorare, esaltare
KOTO rafforzativo imperativo del verbo
KEKKI spirito bestiale, sangue caldo
NO è una congiunzione
YU coraggio, temerarietà
O aggettivo accrescitivo
IMASHIMERU ammonire, controllare, reprimere, mettere in guardia
KOTO rafforzativo imperativo del verbo.

La parola chiave di ogni frase è una, ovvero:
JINKAKU – MAKOTO – DORYOKU – REIGI – KEKKI
Carattere – Sincerità – Costanza – Rispetto – Autocontrollo

L’utilizzo del Dojo Kun prima della pratica deve essere proposto ad adepti di discreto livello, allorché gli stessi siano coscienti dell’importanza e della necessità di mantenere, conservare e tramandare le forme originali di allenamento, non solo dal punto di vista tecnico ma anche per quanto riguarda l’aspetto formale, culturale ed etico. Esistono altre forme di enunciazione, anch’esse chiamate Dojo Kun, ed utilizzate da scuole diverse, ma quella sopracitata è la più attendibile dal punto di vista storico in quanto se ne trovano tracce sia nei rarissimi manoscritti di Sakugawa e Matsumura, sia in quelli più recenti del maestro Funakoshi.

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