Una nuova strada

L’interrogativo concerne il metodo delle diverse scuole di Karate, come il Gojo-ryu e il Uechi-ryu, in cui gli adepti si esercitano alla forza e alla resistenza fisica e raggiungono effettivamente capacità notevoli. Come dobbiamo considerarle? Anche questa domanda resta aperta. Egami continua: «Dopo questa tappa ho dovuto cominciare io stesso a dissodare un nuovo sentiero, e a seguirlo. La difficoltà e la durezza di questo lavoro superano ogni possibilità di esprimerli. Ho avuto più volte voglia di abbandonare e di deviare da questa via. Si trattava di un lavoro in cui investivo la mia vita. Ciò che posso fare adesso è rialzarmi, indicare a delle persone giovani la cima della montagna e mostrare loro come tracciare un sentiero. Devo ammettere che sono un po’ affaticato da questo lavoro. Non posso più andare all’assalto insieme ai giovani. Mi auguro che loro avanzino e vadano più lontano di me… «Uno tsuki diventa uno tsuki dopo aver toccato il corpo dell’avversario. E’ inutile preoccuparsi della velocità (che è solo uno stato dello tsuki prima di arrivare bersaglio), ma occorre domandarsi se lo tsuki sia veramente efficace. Per questo bisogna allenarsi esaminando lo stato e il movimento del vostro spirito come quello dell’avversario». Egli cerca una soluzione nel modo di realizzare l’unità del corpo e dello spirito. «Ho riflettuto su questo tema, mi sono tormentato, ho sofferto e ho finito per scoprire che esiste un metodo spirituale, shinpo, mediante il quale la forza viene concentrata nella tecnica. La vera forza appare solamente quando il corpo e lo spinto riescono a formare un’unità. «Con queste acquisizioni, mi sono reimmerso negli allenamenti, che mi hanno portato a superare la situazione primaria dell’arte del combattimento – lo stato animale del combattimento, nel quale cercavo di vincere a tutti i costi -, per andare verso una fusione con il mio avversario. Sono uscito dal mondo conflittuale e mi sono trovato in un mondo di armonia, e ho capito che era da quella parte che potevo trovare la via, la vera via del Karate. L’idea dell’armonia e la via appariranno fragili e deboli a un principiante o a chi valorizza la forza fisica, ma niente è più forte dell’armonia e della via, poiché esse si situano sulla più alta vetta della ricerca di un’arte marziale». Sul piano tecnico, le conseguenze sono il passaggio dalla durezza alla cedevolezza: «Le mie tecniche sono cambiate, andando dalla dispersione verso la concentrazione, dalla durezza del corpo verso la forza nella cedevolezza. Tutto va verso lo stato naturale, cosa che ha per effetto di ringiovanire il corpo e lo spirito. L’efficacia e il modo di espressione sono cambiati quando ho seguito il mio metodo di allenamento con tecniche di base, Kata e combattimento. I cambiamenti dovevano rendere la pratica più forte e più estetica. Il ritmo dei movimenti tecnici equivale a una musica, i tracciati disegnati nello spazio sono dipinti su una tela che è l’universo. Bisogna allenarsi al fine di fondersi con la natura e l’universo. La via del Karate può servire da base a tutti i tipi di arte, ed essa è anche un risultato ultimo dell’arte marziale…» S. Egami si interroga a lungo sulla via del Karate, e sul suo divenire: «Bisogna dire che la situazione, nell’ambito attuale del Karate, è completamente degradata. Di fronte a questa situazione sento anch’io una responsabilità. Nella mia giovinezza, ho pensato e agito con l’idea direttrice di essere efficace in una situazione reale. Ho quindi praticato principalmente il combattimento libero, che è la forma originale dell’attuale combattimento da competizione. Per rendere potenti i miei pugni mi sono allenato al makiwara più rigido. Mi sono così allontanato d’allenamento essenziale. Non capisco perché il Karate continui, oggi, a evolversi nella direzione errata, che era la nostra già molte decine di anni fa, all’opposto della direzione giusta. Se si definisce il Karate come una pura competizione sportiva, non ho niente da dire. Ma non è tempo di riflettere, per ridefinire che cosa deve essere il karate?»

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